La ferrovia e i suoi lunghi muri, così come i siti industriali dismessi, sono risultati perfetti per lo sviluppo della street art nei quartieri di Lambrate e di Ortica, da sempre attenti a problematiche sociali e fucine di cultura alternativa.
Nel 2015 il Comune di Milano ha dato vita all’iniziativa “Muri Liberi”: una mappatura dei murales già esistenti e degli spazi dove poterne fare di nuovi. Da allora, l’impeto creativo degli street artist si è fatto ancora più vivo e articolato.
La legge non scritta dei muri liberi non garantisce longevità ai murales che, in ogni momento, possono essere coperti da nuove opere. Se da un lato questo approccio può sembrare crudele, d’altra parte aggiunge fascino alle opere perché intrinsecamente temporanee.
Diverso dai murales sui muri liberi è, invece, l’avanguardistico progetto Or.Me., acronimo di Ortica Memorie. Si tratta di un progetto di street art partecipata che dal 2017 ha trasformato il quartiere dell’Ortica in un vero e proprio museo a cielo aperto.
Tutto nasce in occasione della Festa della Liberazione del 2015: si decide di realizzare un murales ad hoc sotto il vicino Cavalcavia Buccari. Da questa iniziativa nasce l’idea di custodire la storia del Novecento, raccontandola attraverso i volti e le parole dei suoi protagonisti.
Un modo creativo per promuovere ideali di pace, democrazia e solidarietà.
Nel giro di pochi anni, Or.Me. porta alla nascita di ben venti murales. Ciascuno è dedicato a un tema specifico, come ad esempio le cooperative dei lavoratori, la legalità, i cantautori popolari milanesi, l’immigrazione, la Resistenza, le donne nel Novecento, lo sport, la ricerca scientifica.
Ogni murales è “site specific”, pensato appositamente per quella porzione di muro, e realizzato con la tecnica dello spolvero che permette la partecipazione di più persone coordinate dall’ideatore dell’opera.
Altri murales del progetto sono, ad esempio, il Duomo dell’Ortica. Siamo davanti a un’opera immensa, divisa su più pareti ed edifici in via Pitteri. Cinque murales dedicati al simbolo di Milano, ciascuno raffigurante una parte della cattedrale meneghina.
La riproduzione della navata centrale è particolarmente spettacolare, essendo in scala 1:2 ed alta 23 metri, mentre l’enorme raffigurazione della Madonnina è la più grande mai dipinta al mondo.
Anche nel quartiere a fianco, quello di Lambrate, sorgono murales avveniristici, come quello in via Viotti.
Nel 2019, è stato realizzato un murales antismog di grandi dimensioni a denuncia all’inquinamento dei mari e degli oceani. L’immagine rappresenta specie marine intrappolate in una bottiglia di plastica, con al proprio interno una piattaforma petrolifera.
Grazie all’impiego di una pittura particolare, chiamata Airlite, il murales è in grado di assorbire l’inquinamento della città riducendo la presenza di biossido di azoto nell’aria quasi del 90%.
Sempre a Lambrate, un nuovo progetto di street art chiamato “Lambrate sui muri” è quello commissionato da Cohabitat, cooperativa di edilizia convenzionata attiva sul territorio dal 1988.
Nei cortili interni, così come sui muri esterni dei suoi edifici, prendono vita murales a firma di Matilde Arduini e Simone Peracchi. Queste opere raccontano la storia di Lambrate, concentrandosi sulle industrie storiche e sulla presenza della ferrovia. L’intento è di creare un trait d’union tra il passato e il presente.
Infine, è impossibile non citare la presenza di opere di street art nel Parco della Lambretta, in zona Rubattino. Si parte con l’intervento di Andreas Kipar e Giovanni Sala di aggiungere uno specchio d’acqua artificiale tra i piloni della Tangenziale Est di Milano. Sono gli street artist, come Irwin e Pao, a dare il tocco finale, decorando i piloni con opere ormai iconiche e immortalate in molte fotografie.
Così uno spazio predestinato all’abbandono e all’incuria è divenuto suggestivo, anche grazie ai murales che, specchiandosi nell’acqua sottostante, si riflettono e si duplicano.
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